"Totò con i 4" il libro di Ciro Borrelli e Domenico Livigni che evoca Totò attraverso Taranto, De Filippo, Macario e Fabrizi


Di Antonio Tedesco

Totò con i 4, pur parafrasando un  film di Steno del 1963 (Totò contro i 4), è un titolo altamente evocativo. Dato che “i 4” a cui si allude sono Aldo Fabrizi, Erminio Macario, Nino Taranto e Peppino De Filippo, è evidente che stiamo parlando di un pezzo importantissimo della storia dello spettacolo del ʼ900. “I 4” più Totò coprono un arco temporale che dai primi decenni del secolo arriva fino alle soglie degli anni ’80 attraversando tutte le forme, e per molti versi anche i generi, di rappresentazione artistica che hanno caratterizzato questo lungo periodo. Partendo dai piccoli Varietà degli esordi, tra mille ostacoli e difficoltà, e passando poi per i teatri nazionali più importanti, la radio, il cinema, la televisione, portando in ognuno di questi mezzi espressivi e di comunicazione i segni di quell’arte antica, radicata, profonda, appresa il più delle volte coniugando il naturale istinto e l’innata passione, con la dura scuola della vita, con l’esperienza umana diretta. Maturata, quest’ultima, in tempi in cui scegliere di dedicarsi all’arte scenica, specie in settori considerati meno nobili, quali quelli dell’intrattenimento e del Varietà, significava sottoporsi a duro lavoro, a enormi sacrifici, a scarsissime soddisfazioni e ben magri guadagni. La scuola di recitazione era il palcoscenico, la ricompensa, il gradimento del pubblico, se e quando arrivava. In questo modo si sono formati, e forgiati, diremmo, artisti che oggi guardiamo con rispetto e ammirazione ma la cui esistenza, specie agli esordi della carriera, è stata tutt’altro che facile. E proprio questa evocazione, questo ripercorrerne le storie, con le loro luci e le loro ombre, è uno dei grandi meriti di questo libro, edito da Apeiron (SERIE ORO collana Cinema) e firmato da due autentici appassionati, Ciro Borrelli e Domenico Livigni, che, al di là del mito che ormai li avvolge, ci restituiscono un ritratto profondamente umano degli artisti trattati. A partire già dalla scelta di una forma che evita ogni tentazione di sussiego accademico. I due autori, infatti,  più che tentare di analizzare o interpretare i “fenomeni” di cui si tratta, si pongono in ascolto. Delle loro parole, delle loro vite, delle loro esperienze, individuali e condivise. Sembrano volerla assorbire, tra l’incanto e l’osmosi, la parola di questi Maestri restituendola al lettore così come loro stessi la sentono, da devoti e appassionati spettatori, mai sazi di attingere alla fonte di queste vite e di queste storie. 

Così Ciro Borrelli nelle sezioni da lui curate (quelle dedicate a Peppino De Filippo e a Nino Taranto) usa per il primo l’escamotage della “intervista impossibile”, quasi un sottogenere letterario, molto praticato da Calvino in poi, per dare ancora una volta la parola a grandi esponenti della cultura e dell’arte (ma non solo) che, non essendo più tra noi, non potrebbero più averla. Organizza così un fitto (e documentatissimo) dialogo con Peppino, colto nell’intimità del camerino di un teatro, nell’anno 1977, alla fine di alcune repliche di una sua rappresentazione. Mentre a Taranto riserva il ricordo romanzato di un incontro ideale che l’autore stesso avrebbe avuto da bambino con il grande attore. Livigni, invece, per Macario e Fabrizi gioca la carta di una cronaca più serrata, cogliendo i due artisti in un particolare momento della loro vita, dal quale, però si dipartono i ricordi e le memorie che richiamano esperienze cruciali della loro vicenda umana e artistica.
Più che un saggio, dunque, ci troviamo di fronte a un racconto (a quattro mani) in presa diretta, che restituisce l’intensità della passione e la forza della memoria, e al cui centro, con la sua proverbiale aria sorniona, a dirigere il coro, o meglio, il quartetto, c’è l’ineguagliabile figura di Totò, evocata con affetto, rispetto e riconoscenza da questi suoi altrettanto ineguagliabili e formidabili sodali.
Non mancano, ad arricchire il volume, testimonianze di amici, collaboratori e congiunti degli artisti di cui si parla, nonché brevi ma pregnanti introduzioni, a firma di autorevoli esperti e studiosi, ai quattro lunghi “capitoli-personaggio” nei quali il testo è suddiviso. Completa il volume un ricco apparato iconografico proveniente dalla preziosa collezione privata dello stesso Livigni.

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