Da Anima persa a Fantasma d’amore, la felice parentesi di Dino Risi


di Ciro Borrelli

Tra l’elenco dei film dimenticati o meglio sconosciuti ai non addetti ai lavori, annoveriamo Anima persa di Dino Risi del 1977, tratto dal romanzo Un’anima persa di Giovanni Arpino. La storia si svolge interamente nella città di Venezia dove Tino (Danilo Mattei), un giovane aspirante artista, abbandona la provincia per trasferirsi nel capoluogo veneto dove desidera frequentare la scuola di pittura. Alloggerà presso gli zii Fabio (Vittorio Gassman), un prestigioso ingegnere, integerrimo e ligio al dovere, quasi mai presente in casa perché assorbito dai numerosi impegni legati alla sua carica, ed Elisa Stolz (Catherine Deneuve), una donna ancora molto bella ma esile, fragile, dalla salute cagionevole, afflitta continuamente da fastidiosissime emicranie, in un antico palazzo ubicato su un canale.
Davvero ben curata la fotografia (di Tonino Delli Colli) che illumina di una luce romantica una Venezia quasi sospesa nel tempo; la città lagunare ben si presta a fare da cornice agli eventi, ed il regista ne rende l'atmosfera con sincera malinconia, quasi ad incastonare in questo magico contesto la vicenda privata, tragica, surreale, dei coniugi  Stolz. Particolarmente suggestivo è l'antico palazzo dove vivono gli zii di Tino: un edificio che cade in rovina e necessita di lavori di pronto intervento. Un’ala di questo stabile è completamente abbandonata, con muri crepati, senza intonaco, materiali accatastati, abbandonati e ricoperti da ragnatele. Tra queste mura è rimasto  un vecchio teatrino, dove la zia era solita esibirsi quando era bambina, e sullo sfondo una porta dietro la quale si cela una scala, in legno vecchio e fragile, che conduce alla soffitta, la “stanza chiusa", come la chiama la zia. Mai salirci, ha intimato la zia al nipote.
La mano sapiente ed esperta del regista accresce negli spettatori, come nel giovane nipote, la curiosità di scoprire che cosa si celi dietro le enigmatiche parole di Fabio, dietro i silenzi e gli sguardi di Elsa, ma soprattutto in quella stanza misteriosa e nascosta dalle ombre di quel vecchio palazzo in quell'antica città lagunare. Qualcosa che desidera essere visto, che desidera essere conosciuto, tutto in un'atmosfera straniante, onirica, vagamente lugubre e claustrofobica.
Un film di una spietata violenza psicologica assai lontana da quella che si trova generalmente nei classici thriller di quegli anni. Una violenza che si manifesta negli sguardi, nei cambiamenti della modulazione della voce, nella scelta delle inquadrature e naturalmente nelle sconcertanti rivelazioni di cui Tino diventa l'involontario testimone. Il regista, infatti, gioca con le luci e con le ombre, con la lucidità e la follia, immergendoci in una realtà dove niente è così semplice come appare. Vi sono alcuni memorabili primi piani della Deneuve, che fanno trasparire l’angoscia che la attanaglia da anni e dello stesso Gassman, sempre con il suo sguardo severo, penetrante e accusatore, nella sua bocca torta e serrata in  questo eterno gioco luce-ombra, chiaro-scuro.
Questa pellicola rappresenta una svolta  molto importante nella carriera di Dino Risi, poiché segna l'abbandono, anche se solo temporaneo, di temi incentrati  sulla commedia divertente ed ironica di pellicole come Poveri ma belli o Operazione San Gennaro ma anche di film che denunciano il (mal)costume nazionale come In nome del popolo sovrano o Una vita difficile. Risi continuerà su questa “nuova” strada tracciata da Anima persa nelle sue produzioni successive come La Stanza del Vescovo, del 1978, ma soprattutto  Fantasma d'Amore, girato nel 1981 con ottimi risultati.
Fantasma d’amore, a differenza di Anima persa, ha ricevuto maggiore attenzione dalla
critica e ha goduto di maggiore visibilità negli anni successivi ma sempre inferiore al valore del film. In questo lungometraggio, tratto dal romanzo di Mino Milani, i protagonisti sono Nino Monti (Marcello Mastroianni) e Anna Briganti (Romy Schneider); la vicenda è ambientata a Pavia. Un film che per molti aspetti ricorda Anima Persa, ma con la differenza che mentre in quest’ultimo il segreto nascosto o colpo di scena si scopre nelle fasi finali, in Fantasma d’amore lo spettatore intuisce sin dai primi minuti che l’intreccio del film sarà sempre in bilico tra la realtà e la pazzia.
L’ambientazione, per un certo senso, è simile. Stavolta Risi sceglie una città della bassa pianura padana: Pavia. Una cittadina sospesa in atmosfere fumose, eternamente nebbiosa e paludosa, più nostalgica che malinconica,  da cui emergono ombre, enigmi e situazioni assurde. Un’ambientazione surreale nell’inverno della campagna padana, che assurge a capolavoro nella scena in cui i due protagonisti sono,  apparentemente, soli in barca sul Ticino, mentre oscure figure celate tra i cespugli e gli alberi spogli e scheletrici emergono, minacciose, dalle nebbie in un quadro irreale.  
Superba l’interpretazione di Romy Schneider e di Marcello Mastroianni; lei, in età matura ma ancora bellissima e intensa, buca lo schermo come nei suoi anni migliori; lui, segnato per quasi tutto il film da un aspetto stanco, passivo, quasi rassegnato, appare smarrito e alla ricerca del tempo perduto. Impressionante la mutazione dell’aspetto della Schneider, tra presente e passato: aggrinzita ed insignificante ad inizio film, splendente e rigogliosa nella scena in barca. Intensissima e quasi rasente la pazzia l’espressione del Mastroianni, in continua oscillazione tra realtà e fantasia, tra follia e ragione.
Risi si è avvalso della felice collaborazione di Bernardino Zapponi per la sceneggiatura di entrambe le pellicole. Con lo stesso, inoltre, ha scritto a quattro mani  lodevoli sceneggiature di altri film quali Caro papà, I nuovi mostri e Telefoni bianchi.  Inoltre entrambe le pellicole possono contare su ottime musiche; Riz Ortolani per Fantasma d’amore e Francis Lai per Anima persa.


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